"Riscoprire e far conoscere la storia orologiaia della Valle, storia fatta di legami sociali, di paese e di migrazioni, di confronti e incontri, di passione e di tenacia. Tradizione e innovazione per creare futuro ai giovani, ancorandoli alle loro radici" - Mission AOP

Autore: Nemo Gonano

Mi presento: sono Nemo Gonano, un nome che alla maggior parte dei Pesarini non credo dica nulla. Perché? Perchè io ho tanti anni e oggi Pesariis è abitata da persone nate molti anni dopo di me e che quindi hanno tutti i motivi per occuparsi delle persone e delle cose del loro tempo, del tempo attuale. I vecchi non interessano, parlano solo del passato e il passato non c’è più. Appunto è passato. Tutt’al più è nella memoria di chi ricorda. Ma per ricordare bisogna aver vissuto, o almeno avere avuto qualche interesse, qualche piacere a sentire le storie di un tempo che fu. A me per esempio piaceva moltissimo sentire le vite vissute da chi era più vecchio.

Sono molto che contento che anche oggi ci siano a Pesariis persone appassionate che vogliono sapere qualcosa della nostra storia, di quella, in particolare, che si lega alle vicende dell’orologeria, per cui se oggi qualcuno ti chiede: ma tu veramente dove sei nato? Tu rispondi: a Pesariis. E quello dice: Ah, nel paese degli orologi! Pensateci, non sono molti che possono vedere riconosciuta così immediatamente l’identità del proprio paese. Pensate, costruire orologi, meccanismi alquanto complessi, in un paese di montagna, lontano dai centri dove in genere sorgono le fabbriche. E per di più un’attività che è continuata per tanti anni, addirittura per secoli, tra alterne vicende, per i tempi più lontani poco conosciute. E gli orologiai, di generazione in generazione, sempre al lavoro, informandosi sui progressi della tecnica, informandosi di cosa si muoveva nel mondo, a volte anche mettendosi per primi in cose nuove.

Bravi? Bravissimi! Tutti in paese possiamo andarne orgogliosi. Anche quelli tra noi che non facevano quel mestiere.

Chi erano questi bravoni? Beh qui io posso ricordare qualcuno che ho personalmente conosciuto.

Provate a fare con me un percorso per le strade di Pesariis come io faccio spesso a letto quando non dormo. Partiamo dalle prime case del paese, nel cosiddetto Borgo di San Antonio. All’inizio sulla destra un po’ in alto c’è la casa di Sisto, una persona di ingegno riconosciuto e che i titolari della fabbrica, i Solari “di Sopra” e “di Sotto”, avevano di comune accordo voluto come capo officina. Di comune accordo perché, diciamolo subito, tra i Solari di Sopra e quelli di Sotto, che erano cugini, andare d’accordo non era facile.

D’altronde andare d’accordo, secondo me, è una cosa difficile per tutti: in famiglia, in un paese, tra un partito e l’altro e all’interno dello stesso partito, tra le Nazioni. Basta leggere, anche di questi tempi, i giornali. Gli stessi libri di storia parlano soprattutto di lotte, uccisioni e guerre. Ma torniamo al tema. Il non accordo tra i due gruppi di cugini avevano portato poco prima dello scoppio della guerra 40-45 alla decisione di mettere all’asta l’officina di Possàl la “Fratelli Solari”. L’avrebbe tenuta il gruppo che faceva l’offerta più alta mentre l’ altro sarebbe stato ricompensato in denaro. Contrariamente a quello che tutti in paese pensavano, l’asta venne vinta da Ciro e Alfeo. A causa della guerra però si lavorava a ritmi ridotti, il Paese non aveva bisogno di orologi, l’industria italiana era stata quasi tutta orientata alla produzione bellica e d’altronde molti validissimi operai erano stati chiamati alle armi. Di Pesariis e di tutto il comune. Sisto per esempio era dovuto partire per la nostra invasione della Grecia. Bruno di Gambìn era in Etiopia (Africa) ancora da prima della guerra. Ma qui faccio i nomi di altri, sempre immaginando di percorrere le vie del paese. All’ingresso, dal Pèlar, Verio Capellari l’avevano mandato, a vent’anni, a guidare un camion con le “centomila gavette di ghiaccio” nella disastrosa campagna di Russia (e non sarebbe più tornato). Il Sisto prima ricordato, quando anni e anni dopo aveva avuto un figlio, aveva voluto chiamarlo Verio proprio in ricordo di quel giovane di tanta buona volontà che gli era affezionato. Poi dalla guerra molti avevano fatto ritorno ad esempio Valentino Solari (Tinùt da Crepa) che diventato padre aveva avviato i due figli maschi, Pino e Amanzio, nella stessa strada. Luigi Capellari (Vigi da Tàina) era poi emigrato in Argentina, aveva aiutato la sorella rimasta vedova molto giovane e aveva fatto ritorno per sposare una brava ragazza di Pesariis. Giacomino Machin (Iacumìn di Sefùta) era rimasto nel settore e anche lui aveva indirizzato il figlio nel settore meccanico. Fermo Capellari (Fermo di Titìn) a vent’anni aveva lasciato la vita nelle Valli del Natisone. Primo Monaci (Primo di Nedàl), Gino Solari (di Gambìn), Silvano Capellari, Ennio Cleva (da Bas), Sebastiano Gonano (Bastiàn da Gonan), Nilo Solari (Nilo dal Palòt) erano partiti, forti delle competenze acquisite alla F.lli Solari, a cercar fortuna nella lontana Australia. Attilio Machin (Tilio di Tieu), Elviso Machin (Viso di Cleva) , Lorenzo Machìn ( Ciùti di Cleva), Nicolò Casali (Colèto da Paluzàna), Giovanni Cleva (Giovanìn da Gof) quando il gruppo dei Solari di Sot (Remigio, Remo e Ugo) aveva deciso di piantare una nuova fabbrica di orologi a Udine avevano scelto di andare a lavorare nella nuova realtà. Gino Gonano (Gino di Pinìti), Ino Solari (Ino dal Tut), Licio Cleva, si erano trasferiti a prestare la loro opera in altre realtà industriali.

Qualche aneddoto. Durante la guerra, Remigio continuava a progettare, lo si vedeva a qualunque ora del giorno attraverso la finestra aperta che dava in una stanza posta al pian terreno di casa sua mentre disegnava. Continuamente. Quando passavamo di lì chiamava noi ragazzi perché andassimo a comperargli un pacchetto di sigarette marca “stadio” (prima si chiamavano “sport” ma il regime di allora in nome dell’italianità aveva cambiato tutti i nomi di origine straniera, un po’ il contrario di quello che succede oggi con l’inglese). Ricordo che quando Remigio usciva di casa ed entrava in conversazione con qualcuno non si dimostrava mai subito convinto di quello che l’altro diceva. Argomentava insistentemente con una obiezione dietro l’altra. Casualmente avevo riferito questa mia osservazione e ricordo che suo cugino Ciro aveva commentato:

“Remigio fa come il figlio piccolo di Alfeo che la parola che ripete sempre è “no” (quel piccolo figlio di Alfeo era quell’Alceo che oggi è anche un apprezzato ricercatore sulla storia degli orologiai). Dopo molti anni, e anche molti libri, ho scoperto che quello di Remigio non era un “no” pregiudiziale e men che meno da capriccio. Era il modo di procedere galileiano, quello della scienza, ben illustrato in anni più vicini a noi dal grande pensatore austriaco Karl Popper. Questo modo di ragionare di Remigio che esaminava in tutte le affermazioni i “pro” ma anche tutti i “contro”, spiega come poi lui arrivasse a fare, praticamente da solo, quella “sintesi” che oggi si realizza lavorando come si dice comunemente, in gruppo, in “equipe”. Più e più volte ho pensato che forse la quantità e la qualità dei suoi progetti, quelli la cui realizzazione, anche a detta di suo fratello Fermo, ha fatto poi la fortuna della Solari di Udine sia stata originata proprio dal suo modo scientifico di procedere.

E gli altri Solari, i “parons” cosa facevano quando l’attività della fabbrica era sospesa? Alfeo in attesa della ripresa post bellica, oltre a seguire la numerosa famiglia che aveva creato con Dorina, costruiva e aggiustava orologi a casa sua. Poi era anche una amante della natura e soprattutto dell’agricoltura e si appassionava con molta naturalezza in quel settore.

Remo aveva trovato sfogo al mancato lavoro di officina coinvolgendosi nei problemi del paese, per esempio lo ricordo nella raccolta, pesatura e contabilità della raccolta giornaliera del fieno che ogni famiglia doveva portare ogni sera per il mantenimento dei cavalli dei Cosacchi. Poi dove oggi c’è il negozio di alimentari allora c’era un bar che veniva chiamato “tacazzè”, il nome abissino dei bar che qualche reduce aveva trasferito a Pesariis dall’ex colonia italiana. In quel locale si recavano alla sera gli uomini a giocare una partita a carte e a discutere i vari avvenimenti. Al tempo della Resistenza le discussioni riguardavano anche le stategìe dei “partigiani” nella lotta contro i nazifascisti. Qui Remo aveva un grande ascendente sui compaesani, oggi diremmo che aveva l’abilità del politico, su molti aveva la presa di un “seduttore”, destinato a trascinare, come lui stessodiceva, in qualsiasi consesso “almeno la metà più uno” in maniera di avere la maggioranza attorno alle sue tesi. Facevano in particolare effetto le definizioni che lui dava, ripetendo la parola anche loro in faccia più e più volte, di suoi avversari (di cui non faccio nomi): di uno “figura losca”, di un altro “vanaglorioso”, di un altro ancora “illuso”, e per finire in crescendo con l’ultimo addirittura in un “lurido”. Con la gioia di quelli che stavano dalla sua parte e che poi diffondevano in paese le sue colorite definizioni.

NB: Era stato pensato per l’evento del 26 settembre, di apertura del progetto su “Gli ultimi orologiai della valle”

 

Amici dell’Orologeria Pesarina
Giovanni Battista e Remigio Solari - APS

33020 Prato Carnico, Frazione Pesariis 10/E - e-mail: info@orologeriapesarina.com
CF – 93022620301

SOSTIENI L’ASSOCIAZIONE

Sorry, this website uses features that your browser doesn’t support. Upgrade to a newer version of Firefox, Chrome, Safari, or Edge and you’ll be all set.